Metodo ROPA: cos’è, come si fa e a chi è rivolto
Le coppie lesbiche in cui entrambe le donne desiderano diventare madri e partecipare attivamente alla medesima gravidanza possono scegliere il metodo ROPA, cioè il ricevimento di ovuli/ovociti dalla partner.
In pratica, si tratta di un trattamento di fecondazione in vitro (FIVET) in cui una delle due donne fornisce gli ovuli, mentre l’altra porta in grembo il bambino; quest’ultimo, quindi, sarà il risultato degli ovuli della partner fecondati con lo sperma di un donatore.
Il metodo ROPA consente a una sola delle due donne di fornire il DNA, quindi il materiale genetico, ma l’altra, affrontando la gravidanza, avrà modo di instaurare con il nascituro un legame unico e speciale, al pari di un qualsiasi rapporto madre-figlio.
In quali Paesi è consentito il metodo ROPA
Nella maggior parte dei Paesi, le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) non sono accessibili per le coppie omosessuali femminili, mentre in altri è consentito solo alle donne single. Da questo punto di vista, il metodo ROPA può essere considerato a dir poco rivoluzionario, perché consente a entrambe le donne della coppia di poter essere partecipi della maternità fin dall’inizio.
Il Paese in cui il trattamento è consentito anche alle coppie lesbiche è la Spagna che, di conseguenza, è la meta prediletta e indiscussa di coppie omosessuali femminili (anche italiane) che decidono di condividere la gioia della maternità.
In Italia, da questo punto di vista, si è decisamente molto indietro ma, negli ultimi anni, sono stati compiuti alcuni passi avanti: basti pensare alle recenti leggi sulle unioni civili, alla step-child adoption e alla trascrizione dell’atto di nascita di bambini nati all’estero proprio tramite PMA.
In Spagna, invece, il metodo ROPA permette a entrambi i membri della coppia lesbica di essere riconosciuti come effettive madri biologiche del bambino appena nato. Di conseguenza, molte donne decidono di partorire direttamente in Spagna dove, alla nascita, si ha la possibilità di dare il doppio cognome e il valido riconoscimento di entrambe le madri.
A chi è rivolto il metodo ROPA
Il trattamento di fecondazione assistita noto come metodo ROPA è aperto a tutte le coppie lesbiche sposate. L’unione ufficiale, infatti, viene richiesta per una questione di stabilità futura al nascituro e per facilitare la burocrazia in essere.
Solitamente, le future madri che richiedono il trattamento sono:
- donne con alterata qualità degli ovociti;
- donne che non possiedono ovociti propri;
- donne che presentano assenza o grave disfunzione ovarica;
- donne che hanno provato altre tecniche di PMA ma senza alcun risultato.
Ovviamente, ricorrono al metodo ROPA anche donne totalmente sane con l’unico desiderio di condividere la maternità e partecipare attivamente (e geneticamente) alla formazione di una nuova vita.
Come funziona il metodo ROPA
Come accennato, il metodo ROPA non è altro che una classica FIVET, quindi una fecondazione in vitro che, però, viene eseguita in una coppia femminile. La procedura, quindi, è la stessa prevista dall’ovodonazione solo che, in questo caso, la donatrice non è anonima, ma è una delle due future madri del bambino. Di conseguenza, una delle due madri darà il suo contributo con i suoi geni, fornendo il DNA, mentre l’altra lo farà portando in grembo il bambino.
Per raggiungere questo obiettivo si eseguono diversi step:
Stimolazione ovarica della donatrice
La futura madre che decide di fornire gli ovuli, cioè la madre genetica, viene sottoposta a un trattamento a base di farmaci ormonali per favorire la maturazione di più ovuli. Solitamente, si tratta di una combinazione di analoghi di GnRh e gonadotropine, che consente lo sviluppo di follicoli ovarici multipli e aumenta la probabilità di successo del trattamento.
La somministrazione dei farmaci può avvenire in modo del tutto autonomo tramite iniezioni sottocutanee nella zona addominale. Di solito la procedura dura 10-12 giorni, nel corso dei quali la paziente deve recarsi dal medico (o in clinica) per monitorare la crescita follicolare tramite ecografia e stabilire il momento più adatto per la donazione degli ovuli. Di norma, per essere prelevati, i follicoli ovarici devono avere una dimensione di circa 16-18 millimetri.
Puntura follicolare
Una volta che i follicoli ovarici raggiungono la dimensione adeguata, alla donatrice viene somministrato l’ormone hCG per favorire la maturazione finale e dare inizio all’ovulazione (cioè il rilascio dell’ovulo).
Successivamente, il prelevamento dei follicoli avviene tramite puntura follicolare o puntura ovarica: la procedura dura appena 20-30 minuti, viene eseguita in anestesia, non richiede ricovero ospedaliero e consiste nell’aspirazione del liquido follicolare.
Quest’ultimo, dopo essere stato prelevato, viene raccolto in provette, conservato a una temperatura di 37°C e inviato in laboratorio; qui verranno cercati e selezionati gli ovuli migliori (e più adatti) alla fecondazione.
Fecondazione degli ovuli
Gli ovuli che mostrano il giusto stadio di maturità vengono, a questo punto, fecondati con lo sperma di un donatore anonimo. Quest’ultimo viene scelto compatibilmente con le caratteristiche di entrambe le donne, soprattutto di colei che porterà in grembo il bambino, dato che l’altra contribuisce già con il suo corredo genetico. Ovviamente deve essere un soggetto sano, che non presenti malattie e/o malformazioni di alcun genere, selezionato direttamente dalla clinica che effettua il trattamento.
La fecondazione può avvenire sia in modo convenzionale, sia con il metodo ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi). La scelta dell’uno o dell’altro dipende dalle caratteristiche della paziente (età, quantità di ovuli).
Dopo l’unione tra ovuli e sperma, gli ovuli fecondati vengono lasciati in coltura per 3-6 giorni, durante i quali vengono costantemente monitorati per accertare il corretto sviluppo degli embrioni.
Preparazione dell’endometrio della ricevente
Per far sì che la gravidanza vada a buon fine, la donna che porterà in grembo il bambino viene sottoposta a un trattamento ormonale a base di estrogeni e progesterone per via vaginale, tramite cerotti o per via orale per favorire la crescita dell’endometrio e renderlo adatto a ospitare l’embrione.
Il trasferimento di quest’ultimo, in particolare, avviene quando l’endometrio della ricevente mostra un ispessimento di 7-9 millimetri e un aspetto trilaterale.
Trasferimento dell’embrione
Quando l’utero della ricevente è pronto, l’embrione di qualità migliore viene selezionato e impiantato nella cavità uterina. Si tratta di una procedura veloce e indolore, tanto da non richiedere anestesia, né particolare preparazione.
Solitamente si trasferisce un solo embrione ma, in alcuni casi, potrebbero essere due. La legge spagnola consente il trasferimento di un massimo di tre embrioni, ma non viene praticato quasi mai.
Crioconservazione degli embrioni rimasti
Considerando che gli embrioni trasferiti in utero sono solitamente due, per quelli rimasti si possono valutare diverse opzioni:
- è possibile crioconservarli per eventuali trattamenti futuri, cioè se il primo tentativo dovesse fallire o se si desiderassero altri figli negli anni successivi;
- è consentito donarli ad altre coppie che non possono avere figli;
- è possibile donarli alla ricerca;
- si può procedere con la loro distruzione nel momento in cui lo stadio riproduttivo della donna giunge al capolinea.
In ognuno di questi casi, comunque, la donatrice deve firmare un consenso informato specificando la destinazione dei suoi embrioni.
Test di gravidanza
Trascorsi circa 10-12 giorni dal trasferimento dell’embrione, la ricevente può effettuare un test di gravidanza sottoponendosi al beta-hCG per accertarsi che il trattamento abbia avuto successo. Questo periodo è, ovviamente, ricco di aspettative ed emozioni contrastanti, e non sempre si riesce a viverlo serenamente. Tuttavia, gli specialisti consigliano alle coppie di continuare con la loro routine quotidiana evitando di pensare costantemente al successo (o meno) del trattamento.
Per evitare fraintendimenti, non è consigliato effettuare il test di gravidanza prima della data indicata, perché si potrebbe ottenere un risultato errato e inaffidabile. Inoltre, se il test risulta positivo, è comunque importante monitorare il valore dell’ormone beta-hCG, che deve raddoppiare ogni 48 ore per confermare che si tratti di una gravidanza evolutiva.
Quali sono i requisiti che ogni madre deve avere?
Il metodo ROPA, come già ampiamente sottolineato, è un trattamento di fecondazione in vitro sviluppato proprio per le coppie omosessuali femminili. Ciascuna delle due donne decide che ruolo avere (se quello di donatrice o di gestante), ma è importante che entrambe rispettino requisiti medici ben precisi.
Generalmente, il metodo ROPA viene attuato per permettere a entrambe le donne di poter partecipare attivamente alla gestazione ma, in alcuni casi, non può essere eseguito perché una delle due donne presenta limitazioni mediche che non le consentono di portare a termine la gravidanza; si può trattare di scarsa qualità degli ovociti, bassa riserva ovarica, assenza di utero e/o ovaie, alterazioni genetiche e così via.
Di norma, è preferibile che a donare gli ovuli sia la partner più giovane, in quanto la qualità degli ovuli si riduce con l’avanzare dell’età, soprattutto dopo i 35 anni. Per giungere all’obiettivo, infatti, è essenziale avere a disposizione una buona riserva ovarica. La donatrice, inoltre, deve sottoporsi ad alcuni test genetici per escludere qualunque patologia trasmissibile al nascituro.
Se si tiene conto di questi fattori, si aumenta la probabilità di ottenere embrioni di qualità e, di conseguenza, di raggiungere lo stato di gravidanza.
Da parte sua, la partner che decide di accogliere l’embrione nel suo utero deve presentare una cavità uterina normale, che non abbia malformazioni in grado di influenzare la gravidanza o lo sviluppo embrionale. Al contempo, non deve essere affetta da malattie che possano, nel tempo, impedirle di portare a termine la gravidanza (si parla soprattutto di trombofilia o malattie autoimmuni).
I ruoli della madre genetica e della madre biologica
Arrivati a questo punto, è facile capire quali siano i ruoli della madre genetica e della madre biologica, ma torna sempre utile compiere un’ulteriore precisazione:
- madre genetica: è colei che fornisce gli ovuli e che, quindi, si sottopone a un trattamento ormonale di stimolazione ovarica programmata per l’estrazione degli ovuli al momento più opportuno;
- madre biologica: è colei che affronta la gravidanza, portando in grembo il bambino e che si sottopone a un trattamento ormonale finalizzato a rendere l’utero ospitale per l’embrione.
Quanto costa il metodo ROPA?
Il metodo ROPA ha un costo che oscilla tra i 3500 e i 6000 euro e che dipende dalla clinica scelta per il trattamento e dalle caratteristiche della singola coppia. Il budget finale comprende i costi:
- del processo di fecondazione in vitro;
- della donazione di sperma;
- della compensazione e del controllo del donatore;
- della crioconservazione del campione di sperma;
- dell’eventuale crioconservazione degli embrioni in eccesso.
Bisogna specificare, inoltre, che il costo dei farmaci impiegati per la stimolazione ovarica e per la preparazione dell’endometrio non sono, solitamente, inclusi nel prezzo.
Per non essere colti impreparati, è consigliato chiedere sempre un preventivo personalizzato in occasione della prima consultazione, capendo cosa sia incluso o meno, e giungere al prezzo finale con consapevolezza ed estrema chiarezza.
In sintesi:
Passo | Descrizione |
---|---|
1 | Consultazione iniziale: La coppia consulta uno specialista in fertilità per discutere della possibilità di utilizzare il metodo ROPA. |
2 | Test di fertilità e screening: Entrambe le partner si sottopongono a test di fertilità e screening per valutare la loro idoneità al metodo ROPA e per rilevare eventuali problemi di salute. |
3 | Preparazione della partner che dona gli ovuli (Partner A): La partner A inizia un trattamento ormonale per stimolare la produzione di ovuli maturi. |
4 | Monitoraggio della partner A: Durante la stimolazione ovarica, la partner A viene monitorata tramite ecografie e analisi del sangue per valutare la crescita dei follicoli e il momento ottimale per il prelievo degli ovuli. |
5 | Prelievo degli ovuli dalla partner A: Gli ovuli maturi vengono prelevati dalla partner A tramite una procedura di aspirazione follicolare. |
6 | Fertilizzazione degli ovuli: Gli ovuli prelevati dalla partner A vengono fecondati in laboratorio con lo sperma del donatore. |
7 | Preparazione della partner che riceve gli embrioni (Partner B): La partner B inizia un trattamento ormonale per preparare l’endometrio a ricevere gli embrioni. |
8 | Trasferimento dell’embrione: Dopo 3-5 giorni dalla fecondazione, uno o più embrioni vengono trasferiti nell’utero della partner B. |
9 | Test di gravidanza: Circa due settimane dopo il trasferimento dell’embrione, la partner B si sottopone a un test di gravidanza per determinare se la procedura ha avuto successo. |
10 | Monitoraggio della gravidanza: Se il test di gravidanza è positivo, la coppia inizia il monitoraggio della gravidanza con il loro medico. |
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